Record prezzi del gas: ritorno al carbone?
Il 2021 parte “col botto” in tutti i mercati energetici: i permessi di emissione hanno superato i 34 €/T segnando un massimo storico, il Brent vola verso i 54 $/b ai massimi da quasi un anno, a metà mese il coal schizza a 72,9 $/T, il massimo da gennaio 2020 (+26% rispetto alla media di novrembre20). Il primato però spetta senza dubbio al mercato del gas, caratterizzato da aumenti senza precedenti ed una volatilità vertiginosa.
A metà mese il TTF ha toccato i 28,5 €/MWh per le consegne di febbraio, il record da due anni, con una volatilità altissima intraday che ha visto poi scendere il contratto a 20 €/MWh, un valore comunque dieci volte superiore ai minimi della primavera scorsa, e ben lontano dai 10,7 MWh massimo dello scorso gennaio.
Il rally che si è innescato già a dicembre è coerente con i fondamentali: da una parte le basse temperature e dall’altra l’imponente domanda asiatica. I carichi di GNL che stazionavano nei porti europei e la nuova produzione sono stati dirottati verso i porti asiatici più remunerativi dell’Europa, che ha dovuto ricorrere alle importazioni di gas via tubo e all’utilizzo delle scorte.
Per dare un’idea sulla portata dell’aumento del traffico marittimo, secondo le stime Refinitiv Eikon, i due più grandi importatori di GNL al mondo, Cina e Giappone, a dicembre hanno importato rispettivamente 9 milioni di tonnellate e 8,1 milioni di tonnellate, il 40% in più rispetto ai volumi record di novembre. La corsa al GNL ha fatto ripartire siti produttivi fermi da quasi un anno a causa della stagnazione della domanda, come il Prelude di Shell, il più grande estrattore galleggiante di GNL al mondo. Il Giappone ha riacceso le sue vecchie centrali a olio combustibile oltre ad acquistare persino i residui di GNLrimanenti nei serbatoi post scarico.
L’aumento di produzione e il fabbisogno asiatico di GNL hanno incrementato la richiesta di metaniere, insufficienti in questo periodo. Allo stesso tempo scarseggiano anche i noli marittimi che hanno superato i 350 mila $/g, costi mai visti prima per il trasporto di nessun tipo di materia prima.
Il GNL asiatico ha perciò toccato prezzi record, più che raddoppiati da inizio anno e quaranta volte più alti rispetto a maggio 2020: il Japan Korea Marker (Jkm), benchmark per le forniture GNL nel Nordest asiatico, l’11 gennaio ha raggiunto un picco di 32,5 dollari per milione di Btu, con oscillazioni oltre il 30% nello stesso giorno e con transazioni a quasi 40 $/MBtu. Secondo Bloomberg una consegna di febbraio destinata alla Corea del Sud è stata venduta da Trafigura a Gunvor per la cifra record di 20,8$/MBtu, ovvero oltre dieci volte sopra i minimi di aprile, nonché record assoluto al JKM.
Altra criticità proviene dal traffico marittimo con veri e propri ingorghi sul Canale di Panama, e rallentamenti e attese che hanno portato anche a deviazioni di rotta. I carichi di GNL a stelle e strisce hanno iniziato a circumnavigare il Capo di Buona speranza per raggiungere l’Asia (+17 giorni di viaggio), o ad attraversare il Mediterraneo per passare dal canale di Suez.
Nonostante i rincari il gas europeo vale meno della metà rispetto a quello asiatico, quindi il Vecchio Continente deve ricorrere ai rifornimenti via terra per rispondere alla mancanza di GNL e far fronte all’abbassamento delle temperature. Oltre agli incrementi visti nei valori di chiusura al TTF, ciò che colpisce è la volatilità giornaliera di almeno 1 €/MWh ma arrivata anche a 6 €/MWh il 12 gennaio. Dacosa è dipesa questa enorme oscillazione?
Il TTF (Title Transfer Facility) è il mercato di riferimento per lo scambio del gas naturale tra i più grandi e liquidi dell’Europa continentale e nel tempo ha acquisito sempre più importanza. Al TTF scambiano imprese energivore anche asiatiche, grandi utility, company che effettuano operazioni di hedging acopertura dell’acquisto di GNL, e non mancano gli speculatori finanziari che scambiano Bitcoin. Negli anni le operazioni speculative al TTF sono aumentate spostando il baricentro degli scambi dagli Stati Uniti all’Europa e superando persino la liquidità dell’Henry Hub statunitense. Quindi si pensa che adampliare l’estrema volatilità di questo periodo potrebbe aver contribuito proprio un’operazione speculativa.Alcuni trader attribuiscono la transazione a un grande hedge fund americano, altri alla chiusura imponente di un grande operatore commerciale, che avrebbe poi innescato una reazione a catena.
L’incremento dei prezzi e la scarsità di GNL ha reso il gas non competitivo nella generazione elettrica portando alla ribalta in carbone. La Cina per esempio tra novembre e dicembre ha triplicato leimportazioni di carbone, a 39 milioni di tonnellate. Un anno prima ne aveva acquistate solo 2,7 milioni. Con le EUA oltre i 34 €/T e l’orientamento green della Commissione Europea è difficile immaginare un ritorno al carbone. Quindi dopo un 2020 caratterizzato dalla convenienza del gas, evidenziamo come nel primo trimestre 2021 lo switching cost sia favorevole al coal, sia sul mercato tedesco che su quello italiano.